201706.29
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Omissis…” La ricorrente xxx ha convenuto in giudizio l’I.N.P.S. e la xxx, proponendo opposizione all’avviso di addebito n.xxxx, notificato il 28 novembre 2016, relativo a somma, pari a complessivi euro 1.920,31, a lei richiesta dall’ente previdenziale, con riferimento al periodo dal luglio al dicembre 2015, sulla base della sua iscrizione alla gestione commercianti in ragione della sua qualità di socia (al 50%) della società xxx

L’I.N.P.S. e la xxx sono rimasti contumaci.

Il ricorso appare meritevole di accoglimento.

L’Istituto, costituendosi in altro giudizio anche quale mandatario della xxx, a sostegno di pretesa analoga a quella fatta valere con l’avviso di addebito in questa sede opposto, fondamentalmente ha dedotto che “l’attività esercitata dall’impresa di cui l’opponente è socia costituisce innegabilmente attività di impresa commerciale per la quale è obbligatoria l’iscrizione alla gestione Commercianti”. L’attività in questione (essenzialmente, di autotrasporto funebre) non era però più esercitata, nel periodo di riferimento, dalla xxx, che aveva dato in affitto la sua azienda alla xxx già alcuni anni prima (v. contratto di affitto di azienda in data 15 maggio 2000, doc. 8 allegato al ricorso) e si limitava, ormai, a riscuotere i relativi canoni.

Si può subito qui ricordare che la questione dell’obbligo di iscrizione alla gestione commercianti del socio di una società immobiliare è stata risolta dalla giurisprudenza di legittimità intervenuta sul punto, secondo cui presupposto per l’iscrizione è lo svolgimento di una vera e propria attività commerciale, che non può individuarsi quando l’attività sia limitata alla mera riscossione dei canoni di un immobile affittato, e ciò a prescindere da ogni considerazione sull’attività abituale e prevalente, potendosi invece individuare un’attività rientrante nel settore terziario, che come tale sicuramente implica l’iscrizione alla gestione commercianti, laddove risulti lo svolgimento di un’attività di intermediazione immobiliare (v. le ordinanze della Corte di Cassazione n. 3145 del 2013 e n. 845 del 2010; nell’ordinanza n. 3145/2013 si puntualizza, tra l’altro, che l’obbligo di iscrizione alla gestione commercianti non può essere desunto da “elementi di carattere fiscale, che non rilevano sul piano previdenziale”). Tali condivisibili considerazioni e principi appaiono logicamente estensibili a tutte quelle ipotesi in cui una società limiti la sua attività alla semplice riscossione di canoni.

Nel caso di specie, l’ente previdenziale, essendo rimasto contumace, non ha offerto alcuna prova da cui possa desumersi che l’attività per la quale la ricorrente, nella sua qualità di socia, è stata iscritta alla gestione commercianti non fosse limitata alla mera riscossione dei canoni (è opportuno comunque sottolineare che gli elementi di carattere fiscale, come chiarito dalla Corte di Cassazione, non possono rilevare sul piano previdenziale). Ciò è sufficiente, mancando il presupposto stesso di un’iscrizione alla gestione commercianti, per indurre all’accoglimento del ricorso. Come richiesto dalla xxx, quindi, l’avviso di addebito di cui qui si discute deve essere annullato e, di conseguenza, deve dichiararsi che non è da lei dovuta la complessiva somma di cui l’I.N.P.S., per i titoli indicati nell’avviso, pretende il pagamento.

L’Istituto, che è il soggetto convenuto che ha un reale interesse concreto nella causa, per la sua soccombenza viene condannato al pagamento delle spese di lite (liquidate come da dispositivo).

P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando, annulla l’avviso di addebito oggetto di opposizione e dichiara che xxx non deve pagare la somma di euro 1.920,31 pretesa dall’I.N.P.S.; condanna l’Istituto al pagamento in favore della ricorrente delle spese di lite, da distrarre, spese che liquida nel compenso complessivo di euro 843,00, oltre al rimborso delle spese generali nella misura del 15% e agli accessori di legge nonché al rimborso del contributo unificato versato.

TRIBUNALE DI ROMA, seconda sezione lavoro, Sentenza n. 6096/2017, Giudice Lucio Di Stefano, inedita

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NELLO STESSO SENSO:

Omissis…”La ricorrente xxx ha convenuto in giudizio l’I.N.P.S., proponendo opposizione all’avviso di addebito n. XXX, notificato il 18 maggio 2016, relativo a somma, pari a complessivi euro 1.915,63, a lei richiesta dall’ente previdenziale, con riferimento al periodo dal gennaio al dicembre 2015, sulla base della sua iscrizione alla gestione commercianti in ragione della sua qualità di socia (al 50%) della società Mortale Oreste & C. s.n.c.

L’I.N.P.S. si è costituito nel giudizio, anche quale mandatario della S.C.C.I. s.p.a., chiedendo il rigetto del ricorso.

Il ricorso appare meritevole di accoglimento.

L’Istituto, a sostegno della pretesa fatta valere con l’avviso di addebito opposto, fondamentalmente deduce che “l’attività esercitata dall’impresa di cui l’opponente è socia costituisce innegabilmente attività di impresa commerciale per la quale è obbligatoria l’iscrizione alla gestione Commercianti”. L’attività in questione (essenzialmente, di autotrasporto funebre) non era però più esercitata, nel periodo di riferimento, dalla xxx, che aveva dato in affitto la sua azienda alla xxx. già alcuni anni prima (v. contratto di affitto di azienda in data 15 maggio 2000, doc. 8 allegato al ricorso) e si limitava, ormai, a riscuotere i relativi canoni.

Si può subito qui ricordare che la questione dell’obbligo di iscrizione alla gestione commercianti del socio di una società immobiliare è stata risolta dalla giurisprudenza di legittimità intervenuta sul punto, secondo cui presupposto per l’iscrizione è lo svolgimento di una vera e propria attività commerciale, che non può individuarsi quando l’attività sia limitata alla mera riscossione dei canoni di un immobile affittato, e ciò a prescindere da ogni considerazione sull’attività abituale e prevalente, potendosi invece individuare un’attività rientrante nel settore terziario, che come tale sicuramente implica l’iscrizione alla gestione commercianti, laddove risulti lo svolgimento di un’attività di intermediazione immobiliare (v. le ordinanze della Corte di Cassazione n. 3145 del 2013 e n. 845 del 2010; nell’ordinanza n. 3145/2013 si puntualizza, tra l’altro, che l’obbligo di iscrizione alla gestione commercianti non può essere desunto da “elementi di carattere fiscale, che non rilevano sul piano previdenziale”). Tali condivisibili considerazioni e principi appaiono logicamente estensibili a tutte quelle ipotesi in cui una società limiti la sua attività alla semplice riscossione di canoni.

Nel caso di specie, l’ente previdenziale non ha offerto alcuna prova da cui possa desumersi che l’attività per la quale la ricorrente, nella sua qualità di socia, è stata iscritta alla gestione commercianti non fosse limitata alla mera riscossione dei canoni (gli elementi di carattere fiscale richiamati dall’I.N.P.S., come chiarito dalla Corte di Cassazione, non possono rilevare sul piano previdenziale). Ciò è sufficiente, mancando il presupposto stesso di un’iscrizione alla gestione commercianti, per indurre all’accoglimento del ricorso. Come richiesto dalla xxx, quindi, l’avviso di addebito di cui qui si discute deve essere annullato e, di conseguenza, deve dichiararsi che non è da lei dovuta la complessiva somma di cui l’I.N.P.S., per i titoli indicati nell’avviso, pretende il pagamento.

L’Istituto, per la sua soccombenza, viene condannato al pagamento delle spese di lite (liquidate come da dispositivo).

P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando, annulla l’avviso di addebito oggetto di opposizione e dichiara che xxx non deve pagare la somma di euro 1.915,63 pretesa dall’I.N.P.S.; condanna l’Istituto al pagamento in favore della ricorrente delle spese di lite, da distrarre, spese che liquida nel compenso complessivo di euro 843,00, oltre al rimborso delle spese generali nella misura del 15% e agli accessori di legge nonché al rimborso del contributo unificato versato.

TRIBUNALE DI ROMA, seconda sezione lavoro, Sentenza n. 6095/2017, Giudice Lucio Di Stefano, inedita